
Cultura
Oppidum e Antiquarium degli Orobi
Il Parco archeologico e Antiquarium Parra Oppidum degli Orobi ospita una selezione dei reperti rinvenuti del corso degli scavi archeologici effettuati a Parre. In località Castello sono stati riportati alla luce i resti dell’antica Parra, narrata dagli storici romani, fondata 3200 anni fa e abitata fino all’epoca romana. I manufatti raccontano la storia di artigiani che lavoravano i metalli, testimoni di una economia basata sullo sfruttamento delle risorse minerarie e documentata a Parre dalla fine dell’età del Bronzo; descrivono scene di vita quotidiana: la filatura, la macinatura dei cereali, l’utilizzo di vasellame; ci informano sugli scambi che gli antichi abitanti intessevano con i popoli vicini e parlano di aspetti quali la scrittura e la ritualità.
Al Parco archeologico sono visibili i resti delle abitazioni risalenti all’età del Ferro e all’epoca romana, costruite secondo il modello della cosiddetta “casa alpina”. Tra gli oggetti dell’Antiquarium spiccano interessanti reperti iscritti, i boccali utilizzati nelle Alpi durante la protostoria e le antiche testimonianze della lavorazione del metallo.
Casa della Pierina
La casa della Pierina: una casa dove il tempo si è fermato ai primi del Novecento. La proprietaria, nota in paese come “la Pierina”, vi ha sempre vissuto col padre falegname e morì nel 2010 all’età di 90 anni lasciando ai suoi eredi un patrimonio materiale che testimonia concretamente lo stile di vita agli inizi del secolo scorso, senza gas, senza luce, con un pagliericcio di foglie secche e con una latrina esterna. Tutti gli oggetti e gli utensili che la signora Pierina utilizzava quotidianamente sono rimasti collocati nelle stanze dove venivano usati: appunti e riviste di moda, disegni, pizzi e nastri utili al suo lavoro di sartoria; i quaderni della scuola; i libri che amava leggere e i libretti di alcune opere musicali che testimoniano i suoi interessi di ampio respiro.
La signora Pierina Bossetti è vissuta così fino alle soglie del nuovo secolo. Sulla scrivania ancora giacciono i suoi appunti e le sue lettere a ricordare i tempi che furono, ma non solo: anche vestiti, copriletti ricamati, stoviglie anni ‘20 e attrezzi rurali di vita quotidiana. Una casa museo dove i visitatori potranno sentire l’atmosfera del secolo passato.
Chiesa della Santissima Trinità
Sulla sommità del monte Cϋsen (dal gaì, la lingua dei pastori, che significa “roccia”) dove già probabilmente esisteva un’edicola o una cappella semidistrutta, si erge oggi l’oratorio della S.S Trinità. Il primo documento che ne attesta l’esistenza riguarda la visita del vescovo Cornaro del 1565. La chiesa fu eretta per iniziativa del parrese Giacomo Cominelli detto Mistrù. Una caratteristica particolare della vita dell’oratorio è stata per secoli la presenza fissa di un romito, cioè di una persona che si dedicava ad una vita solitaria, talvolta con impegni religiosi, tutta dedita alla custodia della chiesetta. La chiesa ha subito in seguito numerosi interventi di restauro, conservazione e ampliamento.
Il campanile in pietra viva con tre campane è datato 1610; del 1700 sono invece l’adiacente casa del custode e il loggiato in pietra di Sarnico. Altro dettaglio di rilievo è che la S.S Trinità, a differenza di tutte le altre chiese, è stata costruita rivolta a nordest e non verso est, verso il sole nascente, simbolo di Gesù. È stata una scelta obbligata considerata la roccia viva sottostante. Di rara bellezza è l’affresco della Madonna col Bambino, che da quasi cinque secoli attira la devozione dei fedeli.
Particolare suggestivo è il panorama che si gode dall’ampio loggiato della chiesa. Essa è raggiungibile attraverso un ripido sentiero a gradini che parte una decina di metri dopo l’arco di San Cristoforo o dalla “vià di Prècc” una mulattiera che parte anch’essa da San Cristoforo arriva a Cima Campella e porta al piazzale con fontana appena sotto il santuario, distante solo una decina di minuti.
Chiesa di San Pietro e Pala D'Altare Giovan Battista Moroni
La descrizione della Chiesa Parrocchiale di San Pietro è stata trovata in una pergamena datata 1202. Dell’antico edificio si sono rinvenute recentemente tracce significative durante lavori di restauro. Della struttura cinquecentesca, descritta minuziosamente nella visita pastorale di San Carlo Borromeo nel 1575, resta visibile solo una parte dell’attuale campanile. I lavori furono talmente importanti che nel 1736 venne consacrata la “nuova” chiesa, per la quale un rilevante contributo al progetto venne offerto dai pastori parresi dell’epoca. Anche nell’Ottocento subì diverse trasformazioni: del 1868 è la facciata attuale, del 1880 diverse lavorazioni interne e nel 1898 venne sostituito l’organo con un Balicco-Bossi. Del 1902 è invece il pavimento della navata e nel 1964 venne rifatta la pavimentazione del sagrato.
L’opera più importante della chiesa è la grande, magnifica pala cinquecentesca di Giovan Battista Moroni, raffigurante la Madonna col Bambino, i santi Pietro, Paolo e Giovanni evangelista (1564-65). La pala viene commissionata nel 1564 dalla famiglia Belliboni, baroni di Parre, da destinare alla grande ancona sopra l’altare maggiore della parrocchiale. Al centro spicca la figura di S. Pietro, proteso a riceve le chiavi che il Bambino gli porge, sulla sinistra, di spalle, San Paolo regge la spada da cui fu trafitto nel martirio, il cui profilo, per Roberto Longhi era già un anticipo di Caravaggio. Mentre a destra, in secondo piano, si scorge S. Giovanni Evangelista (dove forse è ritratto il committente). La Vergine è collocata entro una nicchia ma si sporge un poco per avvicinare il figlio a S. Pietro. E lo stesso spazio “a strapiombo” anticipa quello di uno dei capolavori di Caravaggio, la Madonna dei Pellegrini. Da guardare: la natura morta con i due antichi libroni ai piedi di San Paolo, che raccolgono le sue lettere.
L’opera segna il primo tentativo di una ricerca, nelle opere sacre, di una monumentalità che culminerà con la famosa Ultima Cena di Romano, ma anche di un impoverimento cromatico che rivela la semplicità e l’essenzialità della pittura del Moroni.
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